Ataraxia - Blue Project live in Parma (Circolo Mu, 15 – 03 – 2014)
Sotto l’egida della puntigliosa pianificazione nel creare eventi, la parmense Endenocte è un grande cuore che batte proprio nel cuore dell’Emilia, nel piccolo circolo Mu nella prima periferia di Parma; assieme ad Endenocte altri due cuori dell’Emilia alternativa hanno portato il loro flusso artistico sul palco del club.
The Blue Project, unione quanto mai estemporanea e di successo, sinergia tra Davide Borghi solo senza i suoi colleghi Albireon, accompagnato al microfono da Maria Cristina Anzola, assieme squisito antipasto agli Ataraxia di cui in questi giorni è uscito l’ultimo lavoro “Spasms”.
Un bell’insieme di istinti e passioni sul palco sia nel combo d’apertura che nell’eclettismo musicale e canoro di Francesca & soci, ripercorrendo il passato di un viaggio senza meta, erranti cavalieri e dame controverse, tra pianure domestiche e brughiere nordiche, lidi mediterranei: acclamati sulla via della seta, la Cina che li ha voluti ed amati più di una volta.
Un richiamo troppo forte per un buon pubblico accorso agli squilli mediatici dell’organizzazione dell’evento, il goth che è avanguardia appagando nel suo porgersi quasi garage nel mood del locale, una spelonca post-moderna dove celebrare il rito del neogoticismo di razza, tribale e neo-pagano, celtico nelle consuete maschere di ogni foggia e grandezza, da qualche anno saltuaria scenografia (apprezzatissima) degli Ataraxia, raffinato nel look delle due dame: fatale Maria Cristina, regina degli elementi e del tempo assoluto madame Nicoli, presenza a cavallo tra le regine dei fratelli Grimm ed il suo essere reincarnazione ‘canossiana’ di un’Emilia rinascimento di Arte e cultura, antico ponte d’Europa, silvano e rurale ma regale.
Sul palco i Blue Project hanno concesso buona parte di “Adrift”, album senza pretese nell’uscita, cresciuto nella stima giorno dopo giorno, per Davide Borghi una scommessa vinta in compagnia di una voce incantevole pronta ad un riscatto nell’essere rimasta quasi ibernata nell’integrità di un lirismo sopranile drammatico e più che mai heavenly.
D’altronde i tessuti sonori costruiti da Davide sono tele molto labili, intimissime, per certi aspetti smaniose di una voce come uguali sono nei silenzi del suo essere solitario e silente con Ekra e Maria Cristina a quei silenzi ha donato sfumature e colori, opalescenze eteree e schegge di acuminato dolore, trattenute nelle linee sonore, pronte a divenire aeree nel canto.
“Through The Grey”, “Dirge”, “Day By Day” iniziale porta che dischiusa agli incanti del duo, trasporti elegiaci nei testi, conferma di quanto Borghi avesse bisogno di una voce per incorniciare la sua musica.
Abbandonato a se stesso, ad occhi chiusi, con lo sguardo di chi si perde nel suo creato, cantando a fior di labbra ciò che Maria Cristina innalzava oltre il pentagramma, a sua volta chiudendo gli occhi alla ricerca di una verità celata, sempre più in su, o sempre più verso il profondo esistere, ogni espressione ha la sua strada da percorrere, la sua intonazione, la sua disperata esigenza mantrica.
Poi gli Ataraxia…
Alla deriva (Adrift…) come per i Blue Project; non è solo una caso, non lo è mai il caso così preciso, le sottili concomitanze dell’ordine sottile delle cose non permette il caso, ed insieme le due dame, hanno duettato più volte ma soprattutto “Outremer”, su tutte “Outremer”, alla deriva, alla deriva… adrift…
Ancora una volta il caso è avulso, il brano di “Saphir” nel tempo testimonia ancora che le scelte che furono fatte decisero un destino felice, che in quel brano, in quel navigare alla deriva portò ad un Rinascimento della band.
Allora i brani tratti da “Kremasta Nera” (da “Efestia” a “Klethra”) a tutto l’ultimo repertorio degli Ataraxia senza tralasciare l’ultima creatura, la nera creatura che è “Spasms”, con “Gloomy Sunday” (ben presente negli ultimi anni nei live della band oggi anche traccia di un full-lenght) a “Dragged By The Moon”, brano che ha richiamato gli Ataraxia sul palco acclamati dall’under-stage.
Come amanti o amici, gli Ataraxia ci lasciano nel ricordo della serata un brano che anticipa il nuovo album pronto a raddoppiare nel breve periodo l’avventura “Spasms”: “I Am” è una ballata dolcissima, ammaliante, un brano potenzialmente pericoloso pronto a divenire loop, ballata sul serio, di quelle canzoni che non vorresti mai finissero, orecchie ben tese, ci siamo quasi.
Una di quelle serate perfette al Mu: amici, un’ottima musica uscita dai lettori dei dj in rotazione, due band assieme invidiabili anche all’estero, il sentore che la poesia emiliana magari spesso è accantonata dal pragmatismo di una regione storicamente così ma come brace in attesa di un soffio di vento, un refolo di vita che la riaccenda per renderne purezza, estasi, forse estasi.
Senza rancore, senza giudizio, senza attese vane, come il sogno che inizia, che continua, che rimane sospeso nelle prime fredde ore del mattino…
Alla deriva….
Foto e servizio di Nicola Tenani
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