PARIS SPLEEN-ATARAXIA-festa dell'unita' bergamo-21/7/2006

Esterno giorno,quasi al tramonto. bianco,azzurro,verde...il colore delle granite. bianco ,azzurro...lo zucchero filato all'anice. lievemente fuori campo una Cadillac cabriolet del 63. celeste. Forse la Cadillac ha a che fare con un sogno: più probabilmente ricorda le mongolfiere colorate dell'esposizione universale di Parigi.Le macchine moderne,il treno dei Lumiere,il razzo di Melies. Sul palco un cane nero passeggia tra le note placide del soundcheck che va avanti con tranquillità tra suoni di fisarmonica e piccole silenziose annotazioni. Sono venuti per suonare?-chiede una piccola zingara- che indica il palco,il cane e lo zucchero filato come altre bambine indicavano le signore in vacanza e i tavoli su cui esibirsi cantando le canzoni dell'estate. O come i bambini che si stupivano a vedere Charles Baudelaire passeggiare per Les Tuleries e si spaventavano a sentirlo borbottare morbidi anatemi che un giorno avrebbero scoperto sulle pagine bianche di un libro infarcito di segni. Sì piccola: sono venuti per suonare! Esterno notte: probabilmente nero il colore dominante degli abiti. Certamente nero il colore degli occhi dei bambini. Eventualmente arancione il colore nelle retrovie. Sul palco parte la tastiera tra i fumi,poi entra Baudelaire vestito da Buglione...a seguire un domatore,gli altri strumenti del Cirque d'hiver,rulli di tamburo e Francesca Nicoli alle prese con un racconto vocale che e' una storia nuova per Ataraxia,nata forse col fantasma dell'opera o piu' verosimilmente con un mood che viene da piu' lontano,da un baule pieno di vecchie cianfrusaglie trovato in un abbaino che dà sulla Senna o da una vecchia signora che canta in una stazione del metro. Valzer musette e tanghi,cani e vini pregiati,le tastiere e le percussioni in evidenza piu' che in altre occasioni,brevi recitativi e un finale ricolmo di beffarda malinconia,di quella che non fa troppo male e i bambini quasi si arrampicano sul palco... Interno ,tarda notte: scambiamo quattro chiacchiere con Vittorio Vandelli che ci parla di uno Spleen ancora in evoluzione con una struttura che potrebbe anche modificarsi e una realizzazione discografica che dovra' necessariamente avere dei cambiamenti. Eppure al termine della serata ci resta personalmente l'impressione che Paris Spleen fosse tutto questo,esattamente questo,nel luogo e nel momento esatto in cui si e' svolto,con questi colori e col mutamento umorale che contiene. Perduti in una torrida circonvallazione orobica ci viene infine un dubbio: quella stella che volava non era per caso la donna cannone? Agente al Cairo