Tenui luci rosse rischiarano appena il piccolo e accogliente
palco del Jungle Club di Roma, meta fissa per gli appassionati del
panorama musicale dark della capitale, mentre gli Ataraxia prendono
posto e la sala termina di riempirsi pressoché del tutto.
Il quadro
coreografico del concerto è quello di una nicchia, qual è appunto il
Jungle, ricolma del profumo di antiche reliquie; c’è uno strano
candelabro a spirale, due splendidi drappi semitrasparenti e un sapore
antico che tutt’attorno stringe in un abbraccio i presenti in attesa
dell’inizio.
“Fuga Trionfale” come intro oscuro da brividi, quasi
un’invocazione, tratto dal primo album “Simphonia Sine Nomine”, lascia
presto spazio alle splendide “Jardin De Lune” e “Outremer”, brani
dell’ultimo nato “Saphir”; ci lasciamo lentamente rapire come in un
vortice dalla classica “Le Ore Rosa Di Mazenderan”e lungo un viaggio a
ritroso nel passato più remoto con “Tu Es La Force Du Silence”.
Alle
prime note di “Rue Bleue”, con testo di Apollinaire, chiudo gli occhi al
lieve suono di musette e non posso non pensare a Parigi, alle foglie
ingiallite sul lungo Senna, ai bistrot appartati di
St.Germain.
Prorompe di colpo tuonante “The Gentle Sleep”,
meravigliosa e coinvolgente con l’arrangiamento che dal vivo si
arricchisce di una componente percussiva più incisiva e di grande
impatto per il pubblico.
Francesca Nicoli è come al solito
incantevole, abito nero lungo ai piedi e pietra rossa caratteristica
sulla fronte; la sua voce come una musa ci ispira, ci prende per mano
gradualmente fino a farci volare con la fantasia fuori dalle strette
mura in cui ci troviamo, liberi in uno spazio senza tempo. Durante i
passi strumentali si “nasconde” sotto il suo grande leggio o in un
angolo del palco si china sulle gambe lasciando alla vista del pubblico
i compagni d’avventura.
La chitarra di Vittorio Vandelli disegna un
ricamo armonico lungo tutto il concerto, è cuore pulsante e melodia
leggera. La voce di Giovanni Pagliari entra in magica sintonia con
quella di Francesca, creando preziose sfumature armoniche, come in
“Azar” dove abbiamo la possibilità di ascoltare in contemporanea le voci
di tutti e tre gli storici membri del gruppo.
Il nuovo
percussionista Riccardo Spaggiari, che ha collaborato anche alla
realizzazione dell’ultimo album, appare come ci fosse da sempre: è
preciso, puntuale e sa arricchire la performance con effetti
suggestivi.
Dal mini-cd “Des Paroles Blanches”, dedicato al mare del
nord e alle scogliere della Normandia, “Verules Les Roses”, poi “Nossa
Senhora Dos Anjos”, un brano di qualche anno fa in portoghese composto
per un disco mai realizzato ed infine “D'Arc Et D'Harpe” scorrono
delicatamente nelle nostre orecchie quando “Encrucijada” fa la sua
presenza inquietante tra di noi, con il suo ritmo incalzante e la sua
forza espressiva.
E’ giunto l’epilogo con “Oduarpa”, uno dei magici
11 brani di “Lost Atlantis”, a mio parere, un autentico gioiello nella
lunga discografia.
Passano gli anni, i brani sono sempre diversi tra loro e le
sonorità si evolvono, ma con il loro stile inconfondibile, ancora una
volta gli Ataraxia ci incantano, nella quiete di una fresca serata
romana di primavera.