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ATARAXIA
01/07/03,
Bosco Itala di Osio Sotto (BG)
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La corsa minacciosa di grandi nubi scure nel
cielo è il timore che ci accompagna all’entrata del bel parco
boschivo dell’Itala, in quel di Osio Sotto. La radura in cui si
svolgerà il concerto è suggestiva e appartata, e per raggiungerla va
attraversato uno stretto e basso corridoio verde lungo cui alcune
candele appese guidano il passaggio. Sulla bassa pedana che
funge da palco sta già esibendosi il gruppo spalla: i Breathe One’s
Last, forti di un’amplificazione potente e di un nutrito numero di
attenti ascoltatori. Il quintetto pare avere le idee chiare,
orientando il proprio sound verso i lidi di un certo dark metal
evoluto e aperto a diverse influenze, grazie sia al misurato
intervento di una seconda voce che all’indovinata scelta di
rinunciare alla batteria in favore della drum machine. Tra diverse
cover robustamente riarrangiate (“Smalltown boy” dei Bronski Beat e
“Spieluhr” dei Rammstein le più notevoli), e alcuni brani propri nei
quali è esplicita la ricerca di un ideale di struttura melodica
maggiormente articolata che punti anche a suggestioni di maggior
“atmosfera”, a colpire è l’appropriata vocalità del cantante e la
coesione sonora del gruppo, che lo rende uno dei più promettenti del
genere a livello locale. Il cambio palco radicale è per certi
versi traumatico. Via gli ingombranti amplificatori, ecco alzarsi al
suo centro un’alta struttura cilindrica velata, cuore del nuovo
spettacolo degli Ataraxia: “Strane luci”. Nella penombra scorgo,
disposti a semicerchio, una platea affollata; immagino che molti
spettatori siano assolutamente ignari di ciò che li attende,
incuriositi come appaiono dai preparativi in atto di fronte a
loro. Un’occhiata più in alto è sufficiente per accertarsi che i
brutti presagi del maltempo sono stati definitivamente fugati, e che
tutto sta andando per il meglio, e dal buio profondo appena oltre i
rami più alti sopra di noi fanno capolino alcune stelle a ravvivare
il blu intenso del cielo ormai pronto ad accogliere la notte e
l’ennesimo rinnovato prodigio che è ogni esibizione degli
Ataraxia. La formazione è quella in versione trio: voce chitarra
e tastiere più l’aggiunta del fido performer Lorenzo Busi alle luci
e alle coreografie. Ogni volta il gruppo modenese riesce a stupire
come la prima, rinnovando con sensibilità e sapienza il proprio
spettacolo adattandolo al contesto nel quale viene presentato, forte
di un repertorio sterminato dal quale attingere ascendenti sempre
nuovi. Una versione di “Daytia” scarnificata e bellissima nella
sua incantevole semplicità apre il concerto, donandoci da subito in
primo piano la voce cristallina di una Francesca Nicoli in forma
smagliante e gli strumentisti ciascuno a proprio agio con una
location che non può che amplificare le radici di una musica che sa
dialogare con il contesto traendone forza ed ispirazione. L’effetto
è magnetico. La chitarra classica di Vittorio Vandelli aggiunge un
fascino dal gusto vagamente iberico a melodie la cui purezza
ancestrale viene levigata dalle calde tastiere di Giovanni Pagliari,
ora dai toni forti di fiati solenni, ora dolci come un pianoforte
appena accarezzato. Il gruppo viene isolato in una cornice
immaginaria creata dalle proiezioni che di volta in volta vengono
manovrate a ridosso del piccolo palco dai personaggi enigmatici
evocati dai travestimenti del bravo Lorenzo Busi. Il velo al suo
centro diviene così ora schermo, ora sipario, ora un diaframma
generatore di ombre cinesi, ora l’ennesimo costume di scena. Le
ombre della vegetazione intorno non vengono risparmiate, divenendo
dapprima elementi puramente decorativi di un fondale naturale e in
seguito, rivestite da proiezioni, presenze inquietanti che
amplificano la loro dimensione scenografica, ecco quelle “strane
luci” segrete, vibranti e piacevolmente avvolgenti. La scaletta
segue una certa linearità stilistica dettata coerentemente con lo
spirito etereo evocato dallo scenario silvestre, abbandonando ogni
genere di percussioni. Brani quali l’ipnotica “Tu es la force du
silence“, “Orlando, a male” con la voce lirica di Francesca Nicoli
tesa alle sue massime possibilità, o l’inquietante “Medusa” su cui
aleggia il fantasma di Diamanda Galas, sono rappresentative delle
anime di una delle più notevoli realtà artistiche della penisola,
purtroppo come spesso accade più apprezzata all’estero. La maggior
parte del repertorio proposto attinga degli ultimi lavori, sfumando
le radici gotiche degli esordi con una maggiore consapevolezza del
ruolo che la ricerca degli Ataraxia oggi più che mai si impone: la
necessità di trascendere limiti spaziali e temporali per esprimere
una spiritualità che è al contempo tensione e razionalità, abbandono
e ispirazione profonda. Aderente a questa filosofia appare in tutto
e per tutto l’incantato trittico contenuto nel minicd in uscita “Des
Paroles Blanches” proposto integralmente e l’ammaliante inedito
“Outremer”, eccezionalmente cantato in italiano, che farà parte del
prossimo album in studio già in lavorazione. Il vecchio cavallo
di battaglia “Bleumarine” viene regalato come bis ad un pubblico
stregato ed entusiasta, che tributa il proprio apprezzamento con
applausi a scena aperta. Ciascuno viene rapito dalle mille
evocazioni di cui gli Ataraxia nutrono le proprie esibizioni dal
vivo: il gusto per la commistione tra sacro e profano, per i moduli
sonori sia di matrice arcaica che contemporanea, la frequentazione
indistinta di lingue sia correnti che morte, l’equilibrio perfetto
tra la dimensione acustica e quella sintetica e la produzione
continua di nuove soluzioni sceniche sono solo alcuni elementi che
concorrono ad una sintesi unica e portentosa, stasera più che mai a
noi contigua.
______________________ Andrea
Salvi_________ >> andreasalvi@mescalina.it
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SCALETTA: Daytia -
Arcana eco - Tu es la force du silence - Mnemosine - Azar - Etretat
- Veules les roses - Medusa - Orlando, a male - Hovering - Oduarpa -
Outremer - Aperlae - Bleumarine
Ataraxia: Francesca Nicoli: canto
Vittorio Vandelli: chitarra classica Giovanni
Pagliari: tastiere Lorenzo Busi: performances, luci
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