......................................................................................."Sueños" si pone in un'ottica
diversa rispetto ai suoi predecessori, in quanto per la prima volta cantate di voi stessi, la
vostra vita e le vostre esperienze emergono in maniera diretta e non più come forma di
testimonianza di qualcos'altro. "Sueños" è la cronaca di un viaggio, di un lungo viaggio
nella vostra anima e a ritroso nel tempo, il tempo della vostra vita e della vostra musica. Si
incomincia con le origini, l'Età Media e la sua fascinazione, non con un canto sui templari,
ma con un canto di templari, il canto di quattro cavalieri che iniziano un lungo viaggio
verso una lontana meta... l'incedere costante dei cavalli sulla strada polverosa viene
evocato dal coro di fondo, lento e monocorde, a sottolineare la lunghezza del viaggio; su
di esso emerge una voce, che inizia a raccontare una storia. Essa non è vigorosa all'inizio,
quasi volesse sottolineare che la sua è una storia su tante, ma lentamente si fa più forte e
decisa, mentre narra della lontana meta da raggiungere e dalla lunga via ancora da
percorrere, quindi lentamente scompare, tra la sabbia e gli zoccoli dei cavalli... cosi ha
inizio il racconto del vostro cammino. A questo proemio si succedono altre tre cantiche dal
sapore medievale, splendido omaggio ad un periodo che vi ha notevolmente ispirato negli
ultimi anni e mirabile quadro in cui vita, amori cortesi e morte si intrecciano tra loro, dando
l'impressione che la maturità artistica, che canoro. Abilmente intessuti, gli arrangiamenti
per chitarra di antiche melodie presentano una sonorità lontana dal nostro tempo [...]
.................................................................................................................in questo di
grande aiuto sono anche le percussioni, finalmente in buona evidenza, che duettano con
la chitarra e ne completano il suono: entrambi gli strumenti fungono da sostegno e guida
per la voce ed è proprio dal loro dialogo che una canzone come "Belle Jolande" trova la
sua ragion d'essere. [...] Quanto di buono detto sino ad ora trova ulteriore conferma
in "Saderaladon", brano carico di energia ed influenze positive, sorta di autentico inno alla
vita, in cui chitarra, voci flauto e percussioni magnificamente si sposano.
Il viaggio quindi prosegue, e mentre ci si sposta all'indietro nel tempo, scivolando dall'età
attuale al passato, alle note di chitarre e percussioni medievali si succedono più tranquille
melodie: ne "L'âme d'eau" vengono cosi alla luce fattori che richiamano alcuni lavori
antichi: il cammino dei viandanti verso le coste del mare infinito è accompagnato da una
voce bassa e melodiosa, la voce androgina dell'ondina, mentre il canto delle acque
solcate della prora di un battello riecheggia di echi atlantidei. E' interessante osservare
perņ come tutti gli influssi derivanti da lavori passati siano qui reinterpretati secondo una
diversa maturità musicale, e quindi come i brani qui proposti siano una successiva
evoluzione del vostro iter compositivo, e non una pedissequa trasposizione melodica di
temi antichi: la voce di "Mon âme sorcière" è ben diversa da quella sentita in "La
Malédiction d'Ondine", è molto più profonda e matura, dotata di un suo spessore e di certa
sicurezza di sé e la presenza della fisarmonica, insolita quanto bella ed indovinata,
costituisce un elemento assolutamente innovativo. Cosi è per "Eleven" e "I love every
waving thing", due brani che ricordano moltissimo gli incanti di Atlantide, e che ne sono la
naturale prosecuzione musicale, ma concettualmente si discostano da quanto quell'album
veniva a significare: mentre Atlantide era un canto dello spirito, in cui partendo da un
contesto mitologico si risaliva all'astratto, qui lo spirito non è più libero di disincarnarsi dal
corpo, ma subisce il costante richiamo della materia, ed allora si stende sulle onde, fino a
divenire esso stesso d'acqua... in "Eleven" ciņ viene reso dalla melodia di chitarra e
tastiere, che per tempi sempre più lunghi sembra intessere volute nascoste entro l'acqua,
creando una sorta di prigione per lo spirito entro la realtà sensibile... una prigione che
custodisce gli infiniti ricordi racchiusi in "Eleven", ricordi di viaggio e quindi di vita, poiché
non è possibile ricordare un particolare senza avere memoria dell'universale cui esso
appartiene, anche se esso non si palesa sempre in forma completamente coglibile... in
ogni ricordo sono quindi custodite infinite altre memorie, cosi come nel ricordo di un
viaggio si possono riflettere i ricordi di tutti gli altri viaggi compiuti, nell'immagine della prua
di una barca che solca il mare sono custodite infinte altre analoghe immagini, gli istanti
temporali cui esse appartengono sono diversi, ma essi vengono sublimati nel ricordo, in un
lento passaggio all'Uno dal Molteplice, e, se preferisci, dalla materia all'idea, dal ricordo
all'astratto, dall'umano al divino... è come se una canzone custodisse la vostra vita, ed
essa fosse racchiusa nel ricordo di un viaggio mai finito, nell'immagine di una barca diretta
verso una lontana meta... un luogo perduto nel tempo o nella memoria, da cui in tempi
antichi ve ne siete andati e il ritorno al quale è particolarmente difficoltoso... in questo
momento dell'album si percepisce che questa è la meta del vostro viaggio, il significato
primo della vostra cerca, un posto da cui molte strade si dipartono, ma poche sembrano
tornarvi, non quindi il nido verde tanto agognato da Oduarpa, ma un qualcosa che era già
vostro e da cui i vostri passi vi hanno portato lontano... il dolore per la lontananza da
questo luogo e il ricordo, nel suo significato più generale, sono quindi i temi portanti di
"Mnemosine", brano tanto bello quanto triste, in cui per alcuni istanti l'ascoltatore viene
condotto lontano dalle acque del mare verso una dimensione più intima, un invito ad una
ricerca interiore che potrebbe lasciar intuire la strada da percorrere...[...]
"I love every waving thing" [...] se il brano fosse appartenuto ad Atlantide, ad un certo
punto la seconda sarebbe prevalsa sulla prima, e lo spirito sarebbe scivolato lontano dalla
sfera materiale; qui invece è la prima voce a prevalere, fino a divenire l'unica percepibile,
che ossessivamente richiama lo spirito del viandante entro la res extensa, poiché il
viaggio non è ancora stato concluso, né la ricerca terminata... la voce scende quindi
sull'acqua, facendosi onda e rimanendo nella realtà sensibile...
Nella terza parte del disco ha quindi termine la cerca e la meta del viaggio viene
finalmente raggiunta, meta che viene asd assumere significato su tre diversi livelli.
Innanzitutto vi è laé meta "fisica" del viaggio, il lontano medio-oriente con le sue suggestioni
ed il suo fascino, la terra dei nostri ancestrali natali, quel remoto est verso cui tu sei
sempre stata attratta e in direzione del quale spesse volte in passato avete levato le
vele... da qualche parte, tra le dune sabbiose dell'Anatolia, il viaggio giunge al suo
termine, dinnanzi al mausoleo di Antioco III di Siria... è quindi possibile dare un significato
allegorico al viaggio, intendendo con esso la vostra vita ed identificando la morte nella
meta raggiunta: ai piedi del monte Dagi giungono unicamente tre musici, al suo cospetto
quel che è stato Ataraxia per quindici anni muore, per rinascere al fianco di Francesco, gli
Ataraxia vecchi scompaiono nel deserto ed è sabbia e vento che accompagnano il
cammino di quelli nuovi in "Parti de mal", la fine dell'album coincide con il suo inizio, il
lavoro ritrae l'eterno ciclo vita-morte-rinascita... infine vi è la vera meta del vostro viaggio
interiore, quel breve istante spaziale cantato in "The Corals of Aqaba", un meraviglioso
prato perduto nel giardino dei ricordi o forse semplicemente l'unico luogo in cui sia
possibile vivere felici e sognare senza che nulla turbi la quiete dei pensieri... forse
l'infanzia lontana o semplicemente la terra natia creduta perduta...

Andrea dell'Agnese.