Ataraxia: Spasms (Sous La Coupole Spleenétique Du Ciel)

(CD - Infinite Fog, 2014)

Dopo circa quattro anni tornano i mitici Ataraxia con la loro ultima fatica, Spasms (Sous La Coupole Spleenétique Du Ciel), lavoro assai atteso dai fan che hanno seguito Francesca Nicoli, Giovanni Pagliari e Vittorio Vandelli, ovvero le anime della band, con interesse costante in tutta la loro carriera. Il disco contiene nove tracce piuttosto varie e anche difficilmente classificabili come genere, dal momento che i nostri sembrano essersi allontanati dalla vena new wave e neo folk che avevano coltivato fino ad un certo punto, per sperimentare formule diverse talora sorprendenti. L’ispirazione alla base di Spasms pare infatti legata in modo preponderante ad un cabaret tenebroso, ravvivato da derive a volte jazz, a volte esotiche, sempre con il ruolo prevalente della voce di Francesca che – occorre dirlo? – dimostra una versatilità ed una quantità di sfumature che la rendono unica ed irripetibile. Apre “This Is No Country For Old Men” e ci proietta subito nello scenario da teatro decadente che ritroveremo anche più in là: il piano lineare ma vigoroso sorregge il canto nelle sue infinite variazioni e tonalità. Subito dopo un classico della ‘depressione’, “Gloomy Sunday”  (titolo originale ungherese: “Szomorú Vasárnap”), la famosa canzone dei ‘suicidi’ portata alla fama da numerosi e differenti interpreti ma che noi conosciamo soprattutto per la versione che ne ha fatto Diamanda Galás: gli Ataraxia la riprendono con il testo in italiano caricandone il pathos all’estremo. “Dragged By The Mood” è la prima ad introdurre sonorità jazz che tuttavia si adattano straordinariamente bene al clima un po’ oscuro del disco. Abbastanza particolare anche la cover del classico di Kurt Weill “Alabama Song” o “Whisky Bar”  – il testo faceva parte dello scritto di Brecht Hauspostille – che magari ricordiamo per la versione dei Doors risalente al 1967: incentrata su piano e voce, evoca proprio un’atmosfera fumosa e decadente alla Querelle de Brest. La seguente “L. Lazarus” è appena ‘tinta’ di jazz, ma i numerosi contrasti presenti – le brusche variazioni di tempo, il canto non esattamente ‘jazz’ – suscitano un effetto quasi ‘straniante’. “Sous La Coupule Spleneetique Du Ciel” torna al romanticismo oscuro di cui gli Ataraxia tanti esempi ci hanno dato nel corso del tempo: il testo in francese, lingua spesso scelta da Francesca, conferisce quell’aura di raffinatezza ben assecondata dal bellissimo piano. “Zut” sembra inclinare più che altro alla ‘chanson’, mantenendo un vivace ritmo ‘jazzato’ mentre “Andy Laverine”  esalta la caratteristica teatrale e recitativa che la vocalist regge con grande classe. In chiusura, “Donc, Je Dois Etre Morte”, lenta e sussurrata, grazie al canto, agli arpeggi alla chitarra ed alla tastiera avvolgente, emana una suggestione potente che ha il suo picco nei due intermezzi, scintille accecanti nella penombra. Spasms in sostanza rappresenta una conferma brillante all’interno di una carriera ormai consolidata.









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