Recensione: Spasms (Sous La Coupole Spleenétique Du Ciel)

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Recensione: Spasms (Sous La Coupole Spleenétique Du Ciel)

Ataraxia

Track Listing

01.  This Is No Country For Old Men

02.  Gloomy Sunday

03.  Dragged By The Mood

04.  Whisky Bar

05.  L. Lazarus

06.  Sous La Coupole Spleenétique Du Ciel

07.  Zut!

08.  Andy Laverine

09.  Donc, Je Dois être Morte!

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Sono passati tre anni dall’ultimo studio album “Llyr” (la recensione) ed è con grande piacere che accogliamo un nuova opera degli Ataraxia, da sempre sinonimo di musica versatile, colta, in una parola, superiore. Descritto come il degno continuatore di “Paris Spleen”, il nuovo “Spasms (Sous La Coupole Spleenétique Du Ciel)” trova i modenesi dedicarsi alle sonorità teatrali e cabarettistiche, a testimonianza di un percorso di ricerca e realizzazione artistica che prende spunto da numerosi periodi storici e stili espressivi.

Francesca Nicoli, Vittorio Vandelli e i compagni di avventura si dedicano questa volta all’esplorazione della natura umana dipingendo uno scenario desolato fatto di miseria e disperazione, dove ognuno di noi è costretto a sopravvivere. Non manca però l’impareggiabile tocco di ironia noir, di scorretto e sardonico che si dispiega tra le note del disco. Se l’incipit “This Is No Country For Old Men” omaggia forse implicitamente i fratelli Coen ed appare rigido, rigoroso e severo nelle sue tastiere quadrate e nei ritmi regolari, l’emozionante uso dell’italiano in “Gloomy Sunday” introduce un macabro sarcasmo in una strofa finale che nega in una semplice esclamazione, la decadenza ed il torpore finora costruiti.

Ma “Spasms” vive anche di sonorità costruite sul jazz e il cabaret, come testimonia la splendida rilettura di “Alabama Song” dei Doors, completamente destrutturata e resa altresì comica nel ritornello. La voce di Francesca Nicoli è come sempre un’emozione, qualcosa da conservare con cura nella memoria e che porta a numerosi ascolti. La mezzosoprano questa volta si supera, mostrando uno spettro di tonalità vastissimo che ne giustifica appieno la continuità con Diamanda Galas. L’utilizzo marcato della lingua francese nella parte finale dell’album ci porta alle poetiche sonorità parigine del diciannovesimo secolo, rilette in una chiave divertita e del tutto personale.

Un nuovo tassello di una discografia vasta, affascinante, figlia di un bacino di influenze pressoché illimitato. Nessuno come gli Ataraxia riesce a schizzare l’oscurità di colori più vivi.

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