Credo che, almeno per una cerchia ristretta ma esigente di pubblico, gli Ataraxia non necessitino di presentazioni; nel loro genere sono al top da anni ed hanno costruito un'identità forte e precisa che li rende immediatamente riconoscibili. La nuova fatica, che giunge a tre anni di distanza dal loro ultimo ‘Kremasta Nera’, ce li offre in gran forma, ispirati e concentrati nella consapevolezza che dei fan dediti e fedeli come quelli che li seguono meritano sempre il massimo sforzo creativo. Tanto più che suonare del dark folk etereo come quello contenuto in “Llyr” non è per nulla facile, visto che è sempre incombente il rischio di cadere nel ripetitivo o di lasciar assopire l'attenzione dell'ascoltatore. Ancora una volta però la formazione guidata da Francesca Nicoli coglie nel segno e, soprattutto quando non eccede nel minimalismo sonoro, raggiunge vette di nuda intensità emotiva che gran parte della concorrenza fatica ad eguagliare. Tra questi solchi riempiti dall'uso dei soliti strumenti acustici quali chitarre, flauti, sitar e percussioni varie, spicca una cover che gli Ataraxia sono riusciti magistralmente ad interpretare, incorporandola perfettamente nell'atmosfera del disco: si tratta di “Scarborough Fair“, ballata tradizionale resa celebre da Simon&Garfunkel e dai Queensryche.
Dario Adile
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