A pochi mesi di distanza dall'ultimo disco pubblicato su Cold Meat Industry, “Paris Spleen”, gli Ataraxia tornano sul mercato con un lavoro imponente che li pone ancora più in vista nell'olimpo dei gruppi italiani che contano. “Kremasta Nera” è un'opera complessa e stratificata che nasce dalla fascinazione per il mito dei Grandi Dei di Samotracia. Un mito ancora oscuro che affonda le sue radici nelle dvinità ctonie e le cui poche informazioni si devono ai racconti che ne fanno nel corso dei secoli alcuni illustri frequentatori dell'Isola come Erodoto, Platone e Aristotele. Figura centrale di questo pantheon di divinità era la Grande Madre che Francesca Nicoli evoca, così come i nove riti a lei collegati, cantando in “The Nine Rituals”. Le composizioni del disco prendono i nomi dalle divinità e dai luoghi legati all'isola di Samotracia. La musica si adegua alla geografia tessendo melodie mediterranee su ritmi macedoni e greci. Non mancano i momenti di lirismo sottolineati dalla chitarra acustica di Vittorio Vandelli (“Kremasta Nera”) così come quelli più rituali con i tappeti tessuti dai sintetizzatori di Giovanni Pagliari e arricchiti dagli strumenti arabi, africani e asiatici di Riccardo Spaggiari (“Efestia”, “Kaviria”). La malinconia per la civiltà perduta è il tema ricorrente di tutto l'album. Affiora in modo evidente nei momenti più intimi e acustici ma striscia sotto pelle anche nelle melodie apparentemente più ricche e movimentate. Le prime 2000 copie del cd sono state stampate in un bel digipak arricchito di un libretto di 16 pagine.
ROBERTO MANDOLINI
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