Ma Baudelaire, per il bicchiere delle staffa, dove andava, dopo una notte trascorsa per diporto al cimitero? E Huysmans? In quale bettola riposava le stanche membra, non prima d’aver decriptato le oscure profezie di Madam Blawatsky? Una sola risposta è possibile: ogni dandy dell’Apocalisse, degno di tal nome, non poteva che appollaiarsi negli angusti tavolini de “l’Enfer”, catacombale cabaret situato nella penombra di Montmartre…Dobbiamo essere grati agli emiliani Ataraxia (che ricordavo come nostrani epigoni dei Dead Can Dance) per averci donato, col loro ultimo cd “Paris Spleen”, un accorato omaggio a quegli incunabili madidi di fantasmi, a quei velluti rappresi nel sentor d’assenzio, offrendoci così la sublime illusione di poter brindare alla luna a braccetto col papà de I fiori del male…”Paris Spleen” si distacca dalla post-moderna rivisitazione dei “Carmina Burana”, tipica degli Ataraxia, e (ri)scopre il perverso fascino delle marcette circensi e delle fisarmoniche ansimanti: con l’obliqua complicità della misteriosissima Madam Bistouri e dei Circuz Klump, clown balcanici esperti di “lounge” da funerali, gli Ataraxia han concepito uno straordinario “concept album” dove gli afrori da “Bal Tabarin” si fondon con i disinfettanti di una “Morgue”, gli eccessi del Grand Guignol sembran aspirare a siderali profanazioni…Provate a immaginare i “Gotan Project”, in criogenesi, rappresi in una dolorosa fissità da Museo delle Cere, un Capossela che non ha ancora scoperto la patafisica di Jarry, ed avrete una vaga idea di quali bizzarri tesori possa nascondere questo “Paris Spleen”…