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Benvenuti
all’inferno! Ci sono progetti che
esauriscono le buone idee in un paio di album,
trascinandosi poi in una sterile ripetizione di
formule e stilemi acquisiti, e poi ci sono gli
Ataraxia. Appena festeggiato il ventennale, il
gruppo di Francesca Nicoli, Vittorio Vandelli,
Giovanni Pagliari e Riccardo Spaggiari si circonda
di una nutrita schiera di musicisti girovaghi
vissuti nel secolo scorso per aggiungere alla loro
imponente discografia un nuovo appassionante
capitolo.
“Paris Spleen” nasce attorno ai
versi di Charles Baudelaire ed è un disco che
sorprende per come gli Ataraxia, coadiuvati dagli
spettri decadenti del CircuZ KumP, costruiscano un
“Folksy Horror Music Show” in cui convivono in una
musicalità che sa di vecchi Luna Park, sordidi
cabaret parigini e freaks da fiere di paese, lo
spirito neoclassico ed elegante che da sempre
contraddistingue Francesca e soci ed una
raffinatissima ricerca di melodie popolari, in un
susseguirsi geniale di brani surreali, grotteschi
o poetici.In una ubriacante e sfrenata girandola
di personaggi e situazioni, Francesca alias Madame
Bistouri ci guida alla scoperta di un mondo
maledetto, un girone infernale di vite ubriache di
Laudano e di follia.
Mai come prima
Ataraxia si lasciano andare ad un opera che ha la
sue origine nel varietà e nel teatro (con il
memorabile precedente de “Il Fantasma
dell’Opera”), come appare immediatamente
nell’apertura di “Bienvenue a l’Enfer” in cui, su
melodie che farebbero impallidire le intro
pseudovampiriche dei Cradle Of Filth, ci viene
presentato l’ensemble che si appresta a suonare
per noi o la sfilata di fenomeni da baraccone di
“Tango Des-Astres”. Francesca alterna in modo
stilisticamente perfetto le sue tonalità più
torbide a declamazioni degne del più provetto
degli imbonitori e spesso, si possono ascoltare i
commenti e le urla del pubblico che, attonito e
partecipe assiste allo spettacolo.
Straordinario il tango amaro di “Ou vont
les Chiens ?” con i suoi passaggi vocali
grotteschi e l’infinita malinconia del sorriso
triste dei clowns, mentre la seguente “N’importe
Ou !” è forse il brano più variegato mai composto
dalla band modenese: ad una strofa jazzata con un
piano brechtiano si contrappone un coro
liberatorio quasi in stile Dresden Dolls, ma è
ogni canzone del disco che suscita emozioni. E’
musica, parafrasando la già citata “Tango
Des-Astres”, che spinge alla danza o al pianto,
oppure ad entrambe le cose contemporaneamente,
basti ascoltare “Longtemps Pierrette d’Orient” o
il leggiadro ballo autunnale di “Petite Chanson
Lycanthrope” per esserne pienamente convinti.
Un disco musicalmente ricchissimo,
impreziosito da arrangiamenti di strumenti
inusuali per gli Ataraxia, come il trombone, la
chitarra elettrica, cornamuse, fisarmoniche,
violini, piatti,grancassa e basso.
In
attesa del misterioso “Kremasta Nera”, in uscita a
breve su Ark Records e che dovrebbe riportare gli
Ataraxia verso atmosfere mistiche ed
orientaleggianti,un sorso d’Assenzio per anime
tormentate.
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