
Ho avuto l’opportunità di
ascoltare parte dei brani che compongono ‘Saphir’ prima dal vivo
(grazie al concerto tenuto da Ataraxia in quel di Torino il 1°
maggio) e poi su disco e devo dire che l’effetto è stato
assolutamente gratificante, sia per la lettura che degli stessi è
stata data sul palco e sia per quello che ho successivamente sentito
riprodotto sull’album. Gratificante perché, in entrambe le
situazioni, quelle stesse canzoni hanno saputo trasportarmi nella
medesima atmosfera sospesa tra sogno, magia e ricordi ancestrali e
convogliare l’identico pathos, delicato e poetico. Il tutto
ovviamente accompagnato da una scrittura, come sempre, ricercata (in
particolar modo per quel che concerne la voce, ma anche per le parti
strumentali, magari con un maggiore spazio concesso alla chitarra
acustica) e da una diminuita propensione alla ricostruzione di
scenari medievali, oltre che da un incremento di situazioni
avvicinabili a certo minimalismo neoclassico non immobilizzato. Il
lavoro è ispirato ai giardini e all’arte insita nella loro
costruzione e tocca l’apice assoluto in ‘The Gentle Sleep’, una
canzone che si sviluppa prima sulle maestose note di tastiera e
sulla voce di Francesca Nicoli, per poi addizionare un’efficace
sezione percussiva (ben gestita da Riccardo Spaggiari, in
sostituzione di Francesco Banchini) e ritornare sui propri passi
(attraverso un percorso diverso) portando a compimento un toccante
crescendo emotivo, per romantica bellezza e intensità. ‘Saphir’
(dedicato a Erik Satie) dimostra, pur nella sua pacatezza, come gli
Ataraxia abbiano ancora molto da dire e rappresenta uno degli apici
compositivi della loro
carriera.