Semplicemente straordinario il nuovo
lavoro degli Ataraxia, una delle band di cui andare realmente
fieri e capaci, nel corso degli oltre dieci anni di carriera,
di sposare con innata delicatezza ritmi e suoni antichi e suggestivi
creando uno stile ormai personalissimo.
Saphir, come quasi tutti i dischi della
band (escluso Mon Seul Desir) è un concept album, stavolta ispirato
alla natura mistica dei giardini di ogni era e di posti differenti
(da Babilonia ai giardini zen). Un lavoro molto complesso, con
l'obiettivo dichiarato di unire l'arte e la musica, trasportare
in note l'armonia che regna nei giardini stessi ; un obiettivo
centrato completamente.
Lievi e delicate, le note degli Ataraxia
abbracciano in toto il filone medieval folk concedendosi però
numerose puntate verso territori nuovi, musiche dai sapori antichi
ma in grado di suonare ancora moderne.
L'apertura del disco è affidata ad Azar,
ballata medieval che si mostra fedelmente ancorata al passato
della band ma con parti di chitarra vicine alla tradizione mediterranea
ed iberica, caratteristica che ritroveremo più avanti anche
in altri brani del disco.
Outremer è una vera e propria visione
onirica in grado di evocare sconfinati oceani e musicalmente
avvicinabile a quanto sentito su Lost Atlantis, al contrario
di Jardin de Lune suddiviso in due parti perennemente intrecciate
tra loro : una più malinconica e per certi versi triste ed una
più solenne ed epica, sempre ottimamente interpretate dalla
straordinaria voce di Francesca.
The Gentle Sleep è, insieme ad A Green
For Her Voice, il brano che merita la palma di migliore. Un
pianoforte introduce la voce, stavolta molto profonda, che conduce
all'interno di un pezzo interamente dominato dal pianoforte,
che in un crescendo intenso e suggestivo sale verso il refrain
evocativo per tornare alle dolci note delle strofe.
Le divagazioni spagnoleggianti le ritroviamo
in D'arc et d'Harpe mentre un impercettibile tributo al folk
marziale dei Novalis si riscontra nell'intro di De Pourpre et
d'Argent, che prende in seguito tutta un'altra piega per addentrarsi
in una dimensione eterea, guidati dalla doppia voce, candida
e soave e in continua crescita disco dopo disco. La già citata
A Green for her Voice è un brano nella classica tradizione folk
degli Ataraxia, dal ritmo andante e dalle parti di chitarra
sempre molto suggestive, alle quali si aggiunge nuovamente un
pianoforte capace di ampliare notevolmente la gamma di sensazioni
che la band è in grado di donare con la propria musica.
Le ultime due, lunghe, tracce (entrambe
sopra gli otto minuti) si caratterizzano per una intensa interpretazione
nelle parti vocali (Blood of Cherries) e per un intro al limite
del prog rock settantiano (un virtuosismo di pianoforte paragonabile
all'introduzione di Atlantide dei The Trip) il secondo.
Si tratta, in definitiva, di uno dei
migliori dischi in assoluto per la band emiliana, il cui cammino
artistico sembra procedere con dirompente decisione verso la
perfezione assoluta, coniugando forma e sostanza con uno stile
ormai inimitabile.
Da avere assolutamente.
|